Fulvio Collovati (ex calciatore) Milano 6.3.2007
Intervista di Gianfranco Gramola
Da
calciatore ad opinionista
Fulvio
Collovati è nato a Teor (Udine)
il 9 maggio del 1957. Ha iniziato a
giocare a calcio come professionista con il Milan dal 1976-1982, proseguendo
nell’Inter dal 1982- 1986, nell’Udinese nella stagione 1986-87, nella Roma
dal 1987 al 1989 terminando con il Genoa dal 1989 al 1993. L’esordio
in Nazionale avviene il 24 febbraio 1979 nella partita Italia - Olanda (3-0) e
la prima rete è datata 16 febbraio 1980 nella partita Italia - Romania (2-1).
La sua carriera è coronata di grandi soddisfazioni, la più importante è stata
la vittoria dei mondiali dell’82, e con il Milan è stato Campione d'Italia
1979 e si è guadagnato la Coppa Italia nel 1977 e la Mitropa Cup nel 1982. Fulvio
Collovati dopo aver giocato
per quasi vent'anni a calcio, intraprende la professione di produttore
televisivo, mettendo in piedi diverse trasmissioni a carattere sia locale che
nazionale. E' da qualche stagione che produce la trasmissione 'Sfoghi
di Calcio' su Canale Italia, condotta dalla moglie Caterina
e come ospiti fissi opinionisti di grande spessore come Tony
Damascelli, Xavier Jacobelli,
Alberto Cerruti e Ivan Zazzaroni. Sempre su Canale Italia ha
una striscia quotidiana, chiamata 'Stopper',
in cui commenta i fatti sportivi del giorno. Un' altra trasmissione prodotta dal
campione del mondo è 'Derby del Lunedì' su
TeleNord a Genova: qui sono presenti opinionisti come Marco
Nappi, Enrico Nicolini, Piero Sessarego, Antonio Cervi e Giulio Vignolo.
Oltre che produrre, Fulvio
collabora con "Mice TV"
(televisione trasmessa nei taxi) dove presenta e commenta tutto ciò che
riguarda il mondo sportivo, non solo calcio. Ha
inaugurato il sito ufficiale www.fulviocollovati.it
il 15 dicembre del 2005, presentandosi così: “Un
buongiorno e un caloroso benvenuto ai navigatori di internet che sono approdati
a questo sito. Un sito personale, come tanti. Per essere fuori dalla norma e
dargli un senso credo sia opportuno motivarne la nascita, l’ esistenza e le
finalità. Chi mi conosce sa che sono schivo per natura e amante della mia
privacy. Lasciato il mondo del calcio giocato, non mi sono certo distinto per
presenzialismo o mondanità, eppure il grande pubblico ancora mi ricorda , mi
riconosce e mi gratifica di un affetto di cui sono a volte sorpreso.
L’avventura del 1982 ha fatto di noi un manipolo di eroi ed il ricordo di
quella avventura cosi unica ed emozionante e’ ancora vivo in tutti gli
sportivi italiani, ma la mia carriera di commentatore ed ora di uomo di
comunicazione mi ha imposto una presenza anche su
internet per due validi motivi che spero
comprenderete. Il primo e’ la necessità di essere a 360 gradi presente su
tutti i media tecnologicamente all’ avanguardia, la natura stessa della mia
scelta professionale me lo impone. Il secondo motivo e’ che la popolarità
delle trasmissioni da me dirette ha creato, con mio grande piacere, un’ondata
di interesse da parte dei fruitori dei programmi calcistici. Per loro riguardo e
rispetto, per i loro quesiti o per i loro “ sfoghi di calcio “ quale altro
mezzo migliore di questo? Benvenuti quindi nel mio sito, che e’ da oggi anche
il vostro”.
Intervista
Parliamo
di Roma, Fulvio. Quando ci sei venuto la prima volta?
Ho
giocato con la Roma nella stagione
1987-88 e 1988-89, però dall’87 fino al ’91 sono stato a Roma ad abitare,
proprio per il fatto che Roma è una città che ti attrae molto e io mi sono
praticamente innamorato di questa città. Per cui quando andai via dalla Roma,
dopo due anni, per giocare nel Genoa che
non è vicinissima alla Capitale, ricordo che stavo tutta la settimana a Genova
e poi la domenica sera e il lunedì tornavo a Roma nonostante avessi casa a
Milano. Avevo preso casa ai Parioli. Decisi di abitare in centro per un motivo
ben preciso, al contrario di tanti miei colleghi che erano andati ad abitare un
po’ in periferia. Avevo 32 anni e volevo godermi la città, anche se Trigoria,
il campo di allenamento della Roma era abbastanza lontano, era sulla Laurentina.
Scelsi il centro, a parte per vivere questa bellissima città, e poi anche perché
mia figlia andava a scuola dalle parti di piazza di Spagna.
Ami
la cucina romana?
La cucina romana non può non piacere, il
problema era che ai tempi della Roma, facendo un’attività sportiva non potevo
esagerare, perché la cucina romana è una cucina tentatrice e soprattutto
pesante per cui bisogna stare attenti. Io vado spesso a Roma, perché lavoro per
la Rai e quindi la prima cosa che
faccio è un bucatino alla matricina. Adesso che non gioco posso anche
esagerare, perché non me ne frega niente, mentre quando giocavo il problema era
differente. Buoni anche i carciofi alla giudea. Quando stavo a Roma mi piaceva
molto andare per ristoranti, ma avevo anche altri appuntamenti come la domenica
a San Pietro. Diciamo che non ho disdegnato di conoscere la Roma turistica,
quella più famosa. Quel poco tempo libero che avevo lo sfruttavo bene girando
Roma per ammirarla e scoprirla.
I romani come li hai trovati?
Io ho vissuto un rapporto particolare perché
chi gioca a calcio a Roma, soprattutto se la squadra va bene vive un rapporto
particolare con i tifosi. Ti senti uno di casa, anche fuori dallo stadio. Ti
vogliono bene e ti apprezzano. Io avevo il panettiere sotto casa, il macellaio,
l’edicola, ecc… e ti davano del tu. Roma è talmente grande, ma nei rapporti
personali è come se fosse un piccolo paese. Io con i romani mi sono trovato
molto bene, anche perché sono molto spiritosi e prendono la vita come viene.
Hanno un rapporto diretto e non hanno quella freddezza tipica del nord e questo
mi ha colpito molto.
C’è qualcosa di Roma che non ti piace?
Beh,
dicono tutti il traffico. Quello è un problema non solo di Roma ma di tutte le
grandi città. Marginalmente anche quello, però a me piace tutto di Roma, mi
piace il mangiare fuori, nei ristoranti, anche durante l’inverno, mi piace
andare a piazza Navona in mezzo alle bancarelle o a Campo de Fiori in mezzo alla
gente. Mi sembra di essere un turista e quindi di stare in ferie. Per loro è
normale questa confusione, per me è una cosa nuova, un attrazione.
Parliamo
un po’ di calcio. Tu hai avuto molte soddisfazioni. Ce n’è una che ricordi
con molto piacere?
Sicuramente
la vittoria del campionato mondiale dell’82 che è un ricordo mitico e
indelebile. Sai, nell’arco di una carriera di un calciatore ci sono varie
gioie ma anche delle delusioni vedi la vittoria dello scudetto del Milan e nello
stesso tempo la retrocessione purtroppo. Ho vissuto sette anni meravigliosi in
Nazionale, ho fatto due mondiali. Ci sono dei ricordi veramente fantastici.
Ma
i tuoi genitori che futuro sognavano per te?
Devo
dire che non so se se lo sono mai posto questo pensiero, perché a 12 anni
giocavo già nel Milan, chiaramente a livello giovanile. Sicuramente sognavano,
come tanti genitori, un futuro di un ragazzo che studiava e poi magari a 18-19
anni si sarebbe trovato di fronte ad una strada e quindi a scegliere il proprio
futuro. Io a 18 anni giocavo in serie A e di conseguenza non ho potuto o meglio
non ho avuto l’esigenza di fare quella scelta, perché avevo già scelto di
fare il giocatore.
Il
complimento più bello che hai ricevuto?
Forse
sono frasi un po’ demagogiche ma i complimenti che più mi sono pervenuti sono
per la serietà professionale e per il fatto di essermi contraddistinto come
giocatore al di là di quelle che sono le qualità tecniche che chiaramente
hanno prevalso. L’immagine che ho dato in 20 anni di calcio, con la mia serietà
professionale.
Cose
cattive ne hanno scritto di te?
(Risata) Ne hanno scritte tante. Forse la critica che mi ha dato un po’
fastidio è l’aver scambiato la timidezza con l’arroganza. A venti anni ero
molto timido. A volte il timido è uno che si esprime in poche parole e guarda
la gente un po’ così, abbassa la testa o si gira da un’altra parte. Molti
mi hanno dato dell’arrogante e questo non è vero.
A
un ragazzo che vuole fare il calciatore, che consigli vorresti dargli?
E’
un momento molto particolare e un momento un po’ delicato per il calcio. La
passione del calcio è una cosa naturale e che viene da sé. Il mio consiglio è
di pensare a due cose, cioè a giocare e di studiare e poi se uno è bravo e ha
delle qualità trova la sua strada, è una cosa naturale, anche perché ci sono
le selezioni, ci sono gli osservatori che guardano. Uno non deve diventare
giocatore per forza. Conta la volontà in tutto, però bisogna avere le qualità
giuste, altrimenti subiscono le influenze i ragazzi di oggi dalle famiglie, dai
genitori. Uno deve essere libero di giocare come si fosse all’oratorio, che
purtroppo non esiste quasi più.
La tua carriera è fatta anche di grandi
incontri. Il Papa, ad esempio…
L’ho
incontrato due volte. Una volta con il Milan e una con la Nazionale. Ho provato
una grande emozione e ho pensato di aver toccato il massimo di ciò che
rappresenta la Fede.
Che rapporto hai con la Fede?
Direi
credente, praticante anche se lo ero un po’ di più prima, però lo sono
sempre. Credo ciecamente in questi valori che mi hanno trasmesso la chiesa o
meglio più che la chiesa il vangelo.
Hai un sogno nel cassetto?
A 50
anni, Gianfranco, che sogni nel cassetto vuoi che abbia (risata). Non voglio
dire delle frasi banali, ma sogno o meglio desidero crescere i miei figli e che
facciano una vita di fama e di successo.
Adesso di cosa ti occupi?
Mi
occupo di televisione e di produzioni televisive sportive e mi auguro che il mio
lavoro vada sempre bene così. Sono soddisfatto di come vanno le cose.